foto di Elena Fiorio - Burano maggio 2009
“Riccardino” di Andrea Camilleri
20 settembre 2020

L'ultima indagine di Montalbano...

Tra 'na cosa e l'autra, si fici l'ura di mangiare. Allura siccome che non aviva tanto pititto addicidì di raggiungiri la trattoria di Enzo a pedi, spiranno che la ca­minata gliel'avrebbi fatto smorcare. Però pinsò di allongari il percorso e pigliari strate meno trafichiate, vuoi per evitari la gran camurria dei motorini, vuoi per respirari tanticchia d'aria meno 'nquinata.
Quanno che trasì, la tilevisioni era addrumata e sintonizzata su «Televigàta». L'ammazzatina di Ric­cardino aviva fatto rumorata grossa e tutti evidentementi s'aspittavano di sapiri qualichi novità dall'indagini. Quelli che l'accanoscivano, isaro la testa a taliarlo e a salutarlo, spiannosi però come mai il commissario attrovava il tempo per annare a mangiare 'nveci di stari a fari il doviri sò.
«Dottore, oggi il cuscusu comu Dio cumanna fici».
«Che aspetti a portarimillo?».
Sullo schermo, un giornalista parlava fora campo mentri che si vidivano le 'mmagini di via Rosolino Pilo. La genti dai finestruna e dai terrazzini, appena che accapiva d'essiri 'nquatrata, salutava con le mano o svintuliava fazzuletta.
'Na festa!
Al posto del corpo di Riccardino, ora facivano vidiri 'na sagoma addisignata 'n terra col gessetto. A che minchia sirvivano 'ste sagome doppo che erano state scattate centinara di fotografie da tutti i punti di vista, compresi quelli del catafero? Montalbano, in tutta la longa carrera sò, non era mai arrinisciuto ad accapirlo. (...)
E nello stisso momento Enzo gli misi davanti il piatto del cuscusu. (...)
Di tutte chiste parole, Montalbano nni sintì sulamenti qualichiduna, ma come sono, non come significato. Era arrinisciuto a concentrarisi talmenti sul sciauro e sul sapori del cuscusu che aviva annullato del tutto i rumori e le voci del munno di fora. Appresso al cuscusu, che Enzo aviva priparato con chiossà di 'na decina di varietà di pisci, sarebbi, in teoria, umanamen ti 'mpos­sibili mangiarisi autro pisci. Ma la passiata aviva fatto effetto e 'nfatti il commissario si sbafò, come secunno, quattro triglie arrustute.
Quanno si susì, stimò che non era capace, con tutto quel carrico a bordo, di farisi la solita caminata fino a sutta al faro. L'unica era di strascinarisi al commissariato e abbannunarisi a corpo morto supra al divanetto dell'ufficio.
E naturalmenti, appena che si misi di traverso, s'ap­pinnicò.

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Crema mani al profumo di zampine di gatto
13 gennaio 2019

Cremina gommina...


La crema per le mani Puni Puni Nikukyu profuma di zampine di gatto. O questo sostiene la ditta giapponese Felissimo che la commercializza.

Prima della produzione della novità cosmetica, e del suo lancio sul mercato, pare siano state effettuate ricerche accuratissime comprensive di un sondaggio tra i clienti dei Cat Café nipponici per stabilire la connessione tra un odore esistente e facilmente riproducibile e quello delle zampe dei gatti.

Vincente è risultato l’odore dei popcorn con la maggioranza di preferenze e così la crema Puni Puni Nikukyu profuma di popcorn con un tocco di fragranza floreale, forse per venire incontro anche ai consumatori meno convintamente gattofili.

Ora possiamo profumare di gatto cascato in un secchiello pieno di popcorn!



www.felissimo.co.jp

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Cat chat
6 giugno 2017

Confidenze feline...


"Miao Menelao! Sono Juan, un gatto persiano di ormai otto anni. Il mio padrone ha comprato i sassetti al profumo di rosa, come faccio a fargli capire che io preferisco i sassolini inodore?" Juan

"Ciao Juan; alla rosa? A te è andata bene! A me una volta Giovanni ha comprato dei granuli di argilla naturale alla citronella. Quando era il momento di usare la lettiera, mi avvicinavo e per lunghi minuti stavo fuori a guardare la mia cassettina di plastica color avorio e sentivo quell'insopportabile odore. Entravo lentamente, cercando di tenere la porticina di plastica basculante aperta e la coda fuori, e facevo tutto in velocità.
Se i nostri padroni fossero più informati sulle cose di noi gatti, saprebbero che abbiamo una capacità olfattiva quattordici volte più forte di quella umana. Io annuso tutto, dal cibo prima di mangiarlo, al trolley di Giovanni quando torna a casa dopo un viaggio. Sono estremamente sensibile e quando ci sono nella mia lettiera dei sassetti dai profumi più improbabili, raspo con rabbia gettando la sabbia ovunque. È una strategia che ti consiglio, caro Juan: i sassi finiscono molto prima del previsto e il tuo padrone sarà costretto a comprarne di nuovi! Giovanni ha comprato una volta dei sassi stranissimi, che assomigliano più a dei cristalli, inodori e trasparenti, che mi pungevano i polpastrelli! Di male in peggio, insomma. Che periodaccio, Juan; non mi ci far pensare!
Però, Juan, non ti devi scoraggiare. Ora la mia lettiera ha una consistenza molto strana ma gradevole all'olfatto: sembra qualcosa di vegetale, direi mais, se la memoria non m'inganna. Quell'odore mi ricorda proprio quando ero piccolino, e ancora Giovanni non mi aveva trovato, e me ne andavo in mezzo ai campi di mais all'alba a fare i miei bisognini e trovavo quella morbida terra bagnata dalla rugiada. Ho sentito Giovanni tutto orgoglioso dire che è una sabbietta a base di fibre vegetali, che copre perfettamente gli odori e dura fino a dieci volte più di quella normale. Inoltre è biodegradabile, nel senso che può essere buttata nel WC, grandissima comodità. Certo, a proposito di WC, sogno che un giorno mi compri la lettiera automatica e autopulente, così non troverò più i miei "ricordini" nella sabbietta. Ma forse non si può pretendere troppo: in fondo sono solo umani..." Menelao

Tratto da "Vivi di gusto" lifestyle magazine di Carrefour, giugno 2017.

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“Il sangue degli altri” di Antonio Pagliaro
12 aprile 2017

Alle tre e un quarto stava ancora pensando all'affare del casinò di Riga. La Casinò Paradise. Riga, Lettonia. Il morto era lettone. Il casinò doveva essere un affare di Cosa nostra, come poteva essere altrimenti? E quando c'è la mafia, spesso ci sono cadaveri.
Quel lettone - Viktors, così si chiamava - doveva essere una vittima di quell'affare. Più ci pensava, più era certo che fosse così.
Con un rombo che lo risvegliò, se davvero si era appisolato, passò una motocicletta a una velocità da gran premio. Lo Coco si sorprese a sperare di sentire un forte botto e un rumore di lamiere. Ma il rombo si allontanò veloce, e il motociclista sopravvisse alle sue maledizioni.
Finalmente prese sonno, ignaro del fatto che poche ore dopo Cascioferro lo avrebbe chiamato.

«Corrado, che dobbiamo risolvere la guerra di Cecenia qui? Chi sono io, Goldrake? Mi trasformo in un razzo missile con circuiti di mille valvole? Che fa? Ci mando i raggi laser, ci mando? ... Talè, finiscila. Ci pensano gli amici tuoi della jeep. Qui a Palermo siamo, e abbiamo i nostri problemi. Non posso stare dietro al tuo tenente, e a 'sto Kavalè. Dai, oggi c'è pure il playoff di serie C/I. Speriamo che magari stavolta il Trapani ce la fa.»
«Con chi gioca?»
«Con la Ternana, deve recuperare da 2 a 0.»
«Difficile.»
Cascioferro portò la mano destra sotto la scrivania per un gesto scaramantico. Poi aggiunse: «E stasera Giovanna fa pure la caponata, Anzi, vuoi avvicinare e mangi da me?»
«Nino, grazie, non stasera.»
«Non sai che ti perdi... è bellissima la caponata di Giovanna.»

In via delle Sedie Volanti, al numero 33, piano terzo, abitava Andrij Mazurenko, clandestino ucraino.
L'edificio, nel centro storico, era uno di quelli che stanno in piedi per miracolo, o forse perché in qualche modo sorretti da ingombranti impalcature di ferro e travi di legno orizzontali.
Accanto al grande portone in legno del palazzo dove abitava l'ucraino, la strada era sommersa di rifiuti di ogni genere, scorze di mellone, vecchi materassi sfondati, mozziconi di sigarette, kleenex e preservativi. C'era un odore forte, misto di urina, umidità e muffa.
Sul muro di pietra, dietro un ammasso di immondizia, campeggiava la minacciosa scritta: «CHIUNQUE PISCIA O LASCIA LA MUNNIZZA QUI CI DEVE VENIRE UNA MALATTIA SENZA RIMEDIO».
Due scheletri di Vespa erano abbandonati poco più avanti. Giorno dopo giorno, qualcuno ne sottraeva pezzi che in qualche modo dovevano essergli utili. Adesso degli scooter rimaneva ben poco, e quel poco aveva il colore marroncino della ruggine.
Sul citofono, sotto la scritta rossa «SUCA CHI LEGE», non trovarono il nome dell'ucraino. Miola provò a suonare a caso. Il primo a rispondere fu un uomo dall'accento africano. Il maresciallo disse: «Carabinieri, apra il portone.»
L'uomo riagganciò.
Con il secondo, Miola non ripeté l'errore. Disse in tono gentile che stava cercando un ucraino di nome Andrij.
«Telzo piano» si sentì rispondere.

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